IL TRIBUNALE
    Ha   pronunciato   la   seguente   ordinanza   sull'eccezione   di
 costituzionalita' degli artt. 4 del  d.P.R.  n.  633/1972  e  20  del
 d.P.R.  n.  598/1973,  per  violazione  degli  artt.  3,  8, 53 della
 Costituzione sollevata dal p.m.;
    Sentite le difese;
                             O S S E R V A
    Agli attuali imputati, tutti membri responsabili dell'associazione
 non riconosciunta "Dianetic Institute di Torino", costituita con atto
 2 febbraio 1982, rog. notaio Motta, sono contestati, tra gli altri, i
 reati di cui agli artt. 1, secondo comma, nn. 1 e 2, della  legge  n.
 516/1982   relativamente   all'anno  1986,  anno  rispetto  al  quale
 l'associazione ometteva di fatturare  ed  annotare  i  corrispettivi,
 relativi  a  cessioni  di beni e prestazioni di servizi, ritenendo di
 non essere soggetto d'imposta, trattandosi di ente religioso.
    Il diritto dell'esenzione addotto si fonda,  per  quanto  riguarda
 l'I.V.A.,  sul  disposto  dell'art.  4,  quarto  comma, del d.P.R. n.
 633/1972, e, per quanto riguarda le  imposte  dirette,  sul  disposto
 dell'art.  20, terzo comma, del d.P.R. n. 598/1973, vigente all'epoca
 dei fatti: dette norme, aventi identico  contenuto,  nel  considerare
 fatte  nell'esercizio  di  attivita' commerciali anche le cessioni di
 beni e le prestazioni di servizi ai soci, associati  o  partecipanti,
 verso  il  pagamento  di  corrispettivi  specifici  (  ..), escludono
 espressamente:  "quelle  effettuate  in  conformita'  alle  finalita'
 istituzionali  di  associazioni  politiche, sindacali e di categorie,
 religiose, assistenziali, culturali e sportive,  anche  se  rese  nei
 confronti  di  associazioni che svolgono la medesima attivita' ( ..),
 nonche'  dei  rispettivi  soci,  associati  o  partecipanti,  e   dei
 tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali".
    Si pone ora il problema se gli artt. 4 del d.P.R. n. 633/1972 e 20
 del   d.P.R.   n.   598/1973,   laddove   accordano  delle  esenzioni
 generalizzate  alle  associazioni  religiose,  non  si   pongano   in
 contrasto  con  i principi costituzionali, alla luce delle successive
 leggi che disciplinano, anche sotto il profilo  fiscale,  i  rapporti
 tra lo Stato ed alcune confessioni religiose.
    In  materia,  la  Carta costituzionale garantisce, agli artt. 19 e
 20, la libera professone della fede religiosa in forma individuale ed
 associata, affermando in particolare che il  carattere  ecclesiastico
 ed  il  fine  di religione o di culto di una associazione non possono
 essere causa di speciali limitazioni  legislative,  ne'  di  speciali
 gravami  fiscali per la sua costituzione, capacita' giuridica ed ogni
 forma di attivita'.
    In  tal  modo,  si  fa  espresso   divieto   al   Legislatore   di
 discriminare,  per  quello  che  qui interessa, sul piano fiscale, la
 posizione delle associazioni religiose, rispetto  ad  altri  soggetti
 d'imposta.
    Con  l'art. 8, poi, la Carta costituzionale, dopo aver posto sullo
 stesso  piano  tutte  le  confessioni   religiose,   riconosce   alle
 confessioni  diverse  della cattolica (con la quale i rapporti con lo
 Stato italiano sono regolati dai Patti  richiamati  dall'art.  7)  la
 piena  liberta'  di associazione, con il solo limite costituito dalla
 non contrarieta' dello statuto all'ordinamento giuridico italiano.
    Il terzo  comma  dell'art.  8,  inoltre,  riserva  alla  legge  la
 regolamentazione   dei   rapporti   tra   le   confessioni  religiose
 acattoliche e  lo  Stato,  sulla  base  di  intese  con  le  relative
 rappresentanze.
    In attuazione di tali principi costituzionali, per quanto riguarda
 la  Chiesa  cattolica  i  rapporti  sono  regolati,  con  riferimento
 all'epoca dei  fatti  di  causa,  con  l'Accordo  18  febbraio  1984,
 ratificato  con legge 25 marzo 1985, n. 121, e dalla successiva legge
 attuativa 20 maggio 1985, n. 222.
    Per quanto riguarda alcune  altre  confessioni  religiose,  si  e'
 pervenuti  alla stipulazione di Intese, rispettivamente con le Chiese
 rappresentate dalla Tavola Valdese, l'Unione  Italiana  delle  Chiese
 Avventiste  del  settimo  giorno,  le  Assemblee  di  Dio in Italia e
 l'Unione delle Comunita' Israelitiche.
    Sulla base di questi accordi, viene disciplinato il regime fiscale
 riservato a tali confessioni religiose:  per  quel  che  riguarda  la
 regolamentazione   dei   rapporti   con   la  Chiesa  Cattolica,  che
 rappresenta poi il modello normativo recepito nella sostanza da altre
 confessioni,  viene  introdotta  una  distinzione  tra  attivita'  di
 religione,  di  culto, di beneficenza o di istruzione (equiparate fra
 loro ai fini tributari ai sensi dell'art. 7.3 dell'accordo del 1984),
 e quelle diverse da queste, e comunque aventi  natura  commerciale  o
 scopo di lucro (art. 16, lett. b), della legge n. 222/1985).
    A  questo  punto,  appare  evidente  che gli artt. 4 del d.P.R. n.
 633/1972  e  20  del  d.P.R.  n.  598/1973   adottano   dei   criteri
 sostanzialmente  diversi  da  quelli  sopra  esposti,  limitandosi  a
 prevedere una generalizzata esenzione fiscale esclusivamente riferita
 alla soggettivita' dell'associazione, per tutte  quelle  cessioni  di
 beni  o  prestazioni  di  servizi  effettuate  in conformita' al fine
 istituzionale dell'associazione stessa.
    Al contrario, il legislatore con i vari accordi stipulati  con  le
 diverse  confessioni religiose adotta altro indicatore, rappresentato
 dalla natura dell'attivita' in concreto svolta  dall'ente  religioso,
 facendo  seguire  a  ciacuna  di  esse il regime suo proprio. Quindi,
 indipendentemente dal  fine  che  con  l'attivita'  si  persegue,  le
 attivita'   diverse  da  quelle  di  religione  o  di  culto  vengono
 sottoposte   al   regime   fiscale   ordinario,    con    conseguente
 impossibilita'  di beneficiare delle esenzioni previste dagli artt. 4
 del d.P.R. n. 633/1972 e 20 del d.P.R. n. 598/1973.
    Le norme da ultimo citate, trovando applicazione oramai solo  piu'
 nei  confronti  degli enti religiosi non riconosciuti, danno luogo ad
 un regime fiscale differenziato nell'ambito  di  enti  aventi  stessa
 natura.
    Sotto  un  primo profilo, palese e' il contrasto con gli artt. 3 e
 53 della Costituzione, posto che soggetti di  diritto  aventi  uguali
 finalita'  e  natura  sono  sottoposti a trattamenti fiscali diversi:
 tale diseguaglianza tanto piu' appare ingiustificata, quanto piu'  si
 abbia  riguardo alla circostanza che subiscono un trattamento fiscale
 deteriore proprio le confessioni religiose  che  si  sono  sottoposte
 alla procedura di riconoscimento ai sensi del terzo comma dell'art. 8
 della Costituzione.
    Non  va  taciuto  inoltre  che la diversita' di trattamento appare
 ancor piu' ingiutificata, laddove il regime fiscale piu'  sfavorevole
 colpisce  solamente  le confessioni che sottoponendosi alla procedura
 di riconoscimento hanno superato un preventivo vaglio di  conformita'
 dei loro statuti ai principi dell'ordinamento giuridico.
    L'applicazione  delle  esenzioni di cui agli artt. 4 del d.P.R. n.
 633/1972 e 20 del d.P.R.  n.  598/1973,  tra  l'altro,  si  fonda  in
 sostanza   sull'autoattribuzione   da   parte  dell'associazione  del
 carattere di religiosita', poiche' il  legislatore  non  richiede  in
 alcun  modo  a  tali  fini un controllo circa la conformita' del loro
 statuto ai principi  dell'ordinamento  giuridico,  come  e'  previsto
 dall'art.  8,  secondo comma, della Costituzione, determinando, anche
 sotto tale profilo, una disparita' di  trattamento  con  quegli  enti
 religiosi sottopostisi al riconoscimento.
    Da  ultimo,  va  rilevato come il regime fiscale differenziato non
 trova giustificazione sul piano costituzionale, posto che  tutti  gli
 enti aventi natura religiosa sono tutelati con assoluta parita', e si
 pone dunque in contrasto con gli artt. 3 e 53 della Costituzione.
    Per   i  rilievi  sin  qui  svolti,  l'eccezione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 4 del d.P.R. n. 633/1972 e dell'art. 20  del
 d.P.R. n. 598/1973 appare non manifestamente infondata.
    Quanto  alla  sua  rilevanza ai fini della decisione, essa risulta
 ugualmente sussistente, poiche' la  declaratoria  dell'illegittimita'
 costituzionale  degli  artt. 4 del d.P.R. n. 633/1972 e 20 del d.P.R.
 n. 598/1973 incide direttamente sulla sussistenza sul piano oggettivo
 dei reati di cui agli artt. 1, secondo comma, nn. 1 e 2, della  legge
 n. 516/1982, relativamente all'anno 1986.